E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare
l'alba dentro l'imbrunire
(Franco Battiato Prospettiva Nevski)
Un fiume duro e nero di basoli unticci scorreva da secoli nella pancia di Resina, riuscendo a rimanere sempre uguale a se stesso in ogni millenario attimo del suo immobile fluire.
Vico Moscardino, un capillare sfilacciatosi dalla grande arteria di corso Resina, trascinava, nel suo statico corso, lastre scure di liscivia e ragù, sugo di polpette e acqua di risciacquo fino al suo delta ottuso, che non sfociava in alcun oceano.
Tante mani in una enorme unica mano, scolpita in un tempo lapideo, afferravano qualunque refolo d’aria che passasse davanti ai bassi.
Di tanto in tanto una cateratta di acqua sporca scrosciava sui basoli, creando, in quegli argini stretti, l’ illusione di un movimento.
Cataste di occhi screpolavano le pareti spesse per brucare i pensieri dei turisti dai calzini bianchi di spugna che, con le loro invadenti macchine fotografiche e i loro sandali di cuoio, si avventuravano su quell’affluente sospeso di detersivo e di cenere, tentando di raggiungere il mare. Riprendevano musi sporchi di sugo di polpette che sorridevano della eleganza dei fotoreporter, scagliando contro gli obiettivi la raffinatezza di un sangue antico.
Sulle porte dei bassi abbeveravano i loro sogni stantii le Vedove di soldati caduti in terra d’Africa o nelle steppe russe, i capelli ribelli addomesticati a diventare candidi e docili in crocchie di precoce vecchiaia, le mani arrese al lavorio di un tempo fisso che, nel vico Moscardino, passava senza scorrere mai. Le loro ciglia lasciavano colare sospesi asciutti sui dagherrotipi di soldati adolescenti dal volto fiero e dalle gote precocemente mature, le gambe tremolanti che giravano a vuoto nella nebbia dei dispersi.
E nessuno riusciva a ritrovarsi mai. Né vivo né morto.
Il martirio d’amore di Brigida le scavava, anno dopo anno, rughe di vita inesorabile sulla fronte. Cinquant’anni ad andare su e giù per il vico Moscardino, a girare intorno a un vecchio fiume del tempo morto con lei, prima di lei , molto prima.
Brigida aveva imparato da lui, dal vecchio fiume fermo di pietre del vico Moscardino ad andare e andare senza muoversi, ad andare senza sentire mai il profumo delle zagare che crescevano timide negli insospettabili giardini dietro i bassi, ad andare senza accorgersi mai che i vermi, che non aveva schiacciato con gli zoccoli di legno, tornavano ad annunciarle la primavera. Ogni primavera .
Brigida aveva imparato da lui ad andare senza muoversi .
Cinquant’anni che ne pesavano ottanta.
Cinquant’anni a covare un guscio d’uovo vuoto, un involucro friabile, un amore sollevato da un’anima sola, perché l’altra era chissà dove, nel mare dei dispersi .
Si sporse dall’inferriata arrugginita che si affacciava sul giardino minuscolo dietro il basso, un ciuffo d’erba che contendeva alla pietra la sua esistenza irrisoria, fragile come un lepidottero variopinto ripiegato ordinatamente nel paniere del bucato, insieme ai canovacci.
Prese la sua liseuse stesa ad asciugare sul fil di ferro e fece per riporla nel cesto della biancheria.
D’un tratto uno schiaffo di salsedine e vento umidiccio le arrossò la guancia, gliela fece dolere forte di un dolore mai provato, atteso e temuto a lungo e invano.
Brigida rimase inerme, la mano destra appoggiata sui capillari del viso sfidati dall’insulto del movimento .
Un vento improvviso di liquide meduse spostò le spalline del camice a fiori senza che lei avesse il tempo di trattenerle e le avvolse le spalle e il petto, penetrando nella scollatura aperta fino al ventre, che giaceva inerte , rassegnato ai suoi anni, sotto i vestiti da casa e la polvere si una nebbiosa memoria.
Una brezza tentacolare le abbrancò il collo, predicendole l’inizio di una nuova, l’ultima fine, volesse il Cielo.
Milioni di pesci ago presero a trafiggerle senza tregua i pensieri pesanti di cenere e ragù . Come palloncini bucati, i ricordi di Brigida ricaddero, svenuti e grondanti, sui panni bianchi e sui capelli ancor più bianchi, sulla vita che ancora le restava da vivere e che, d’un tratto, lei sentì, più violenta e improvvida, sfidare i grani del rosario che pendeva dal collo scartocciato.
Lasciò cadere la liseuse nell’asfittico giardino degli aranci del fondo oscuro di bico Moscardino e sollevò lo sguardo dal cesto dei panni.
Cristalli di sole ondeggiavano su un corpo efebico di acqua e sale, inconsapevole come un temporale estivo. Biondo come il dio caduco che una notte promette di tornare e non torna più, dimenticando la sua pelle d’ambra appiccicata al delirio estatico di una vestale predestinata . Casto come il nume adolescente, che resta giovane per sempre nel ventre della sua sposa, partorì il calore di un amplesso.. Anche in fondo al vico Moscardino c’è il mare.
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